Una piccola epoca di polvere

Una piccola epoca di polvere
contiene le tue identità dismesse
e vi ritorno a tratti quando l'ombra
del tuo passaggio mitiga la luce
del giorno appena fatto ed il dispiego
dell'impietoso circo dei dettagli.

Canto allora l'aria delle parole
perse dentro ai tuoi pensieri nel breve
arco del nostro allineamento astrale.

Fibre di giorni imperfetti (2005/2006)

Ho condiviso
Ho condiviso il tuo sonno, il conforto. Eri diversa, mi tenevi per mano e ti seguivo docilmente sull'asfalto spaccato, sulla strada vuota. Il silenzio migliore ci accompagnava. A perdita d'occhio campi di steli inquieti. Ho un vuoto nel petto, non vedo orizzonti. Devo avere questo bisogno di te? Affrancami da questo cerchio.

Le mie parole
Le mie parole senza grazia giacciono sparse su una pietraia battuta dal vento. Discarica del quotidiano esistere, archivio di errori e strade interrotte. I fantasmi di persone mai esistite sfilano in processione verso l'orizzonte destinate a perdersi. Nessuna si volta indietro. Conviene adattarsi alle spine, farne un'abitudine. Alla fine qualcuno terrà conto di tutto e le cose finte diventeranno polvere; poi niente. Questo è bene. Questo è giusto. Questo è, soprattutto, vero.

Oggi la gravità è pesante
Oggi la gravità è pesante e confortevole. Il sole scolpisce ruvide superfici di ruggine, le parole incise hanno ombre lunghissime, ombre dense in circolo. Il vento e i riflessi come riverberi di cloro celeste, mentre gli anni luce si dispiegano, se guardo indietro. La tua voce in un giorno come questo avrebbe ancora senso, troverebbe il suo percorso, come tra i sentieri di erba sonora e tagliente, sparsa tra discreti contrafforti di docile pietra arancione. Invece rimane solo il crepitìo dei miei pensieri ed il mio sguardo perso in nuvole di sassolini prelevati dal fiume e portati qui per riempire gli sterri del tempo.

Quando penso a mia madre
Quando penso a mia madre apro vecchi libri di cucina dalle pagine ingiallite e ne escono fuori piccoli rettangoli di carta quadrettata dove con calligrafia precisa e quasi maschile annotava ricette in lingua francese. La carta è diventata fragile e calda, se la sfioro ne traggo una sensazione di polvere e di conforto. Allora vedo persiane dipinte di verde schiuse verso il sole, piccole ombre su un vecchio muro familiare, zone di muschio dove il muro incontra la terra. Se alzo gli occhi il cielo è quasi arancione e nel mio petto un grumo di vuoto si allarga se le nuvole si muovono troppo rapide. Anche il vento è lieve ma popolato di voci mentre il tempo non ha forma ed il luogo esiste solamente nel ricordo.

Non ho motivo
Non ho motivo per affrancarmi dai frammenti, dai detriti sparpagliati su piccole terre di nessuno fra i binari e il fiume. Ne avverto la consanguineità in un nebuloso stato d'animo intriso di paesaggi onirici che sono reali e concreti paesaggi che sono solo sogni. Mi soffermo ad osservare mentre il rumore di ferraglia è musica tra onde sinusoidali e gentili battimenti e toni ultraterreni. Non ho parole cui affidare tutto questo. Le parole sono solo un espediente logico e imperfetto, una semplificazione. Vorrei sparpagliarmi intorno in mille frammenti di coscienza e seguire l'ipertesto tridimensionale dell'esistenza. Invece ad ogni istante perdo luoghi per sempre.

Anche se qui
Anche se qui si sentono voci tra le foglie ben poco di umano sorvola questi boschi. Una volta avrei considerato questo un bene, adesso tutto è sfuocato ed incerto. Tra i frammenti di vite non vissute che come loop discreti mi accompagnano non so più quale scegliere per dare forma ad una giornata. Alcuni brevi messaggi che hai spedito in risposta ai miei, più lunghi, suggeriscono che qualcosa è cambiato in te. Azzardare ipotesi non è una buona strategia, ma se penso al tuo viso lo immagino sorridere, anche solo con gli occhi. Devo ancora decidere se questo mi può bastare, per oggi.

Il sole arancione
Il sole arancione del pomeriggio
e tutto perduto di fronte al vento
cauto che solleva polveri chiare
sopra colline senza segni umani

Consegno
Consegno ai compartimenti del buio
le schegge di questi giorni brevissimi
e come un foglio di carta attendo
di disseccarmi sotto il sole a picco,
virato in bianco, fragile e sonoro,
prossimo alla terra, evaporato
l'inchiostro, rimasti soltanto i solchi
della sfera appena appena incisi.

Fiori da muro
Fiori da muro dove il tuo sguardo scorreva
all'epoca dei pomeriggi di sole
immobili come le ombre arancioni
dei cipressi sulla polvere gentile

Appena

Appena sopra il piano stradale, dove la strada finisce ed incontra il bosco erano rimaste grandi macchine gialle ad arrugginire. Qualcuno mi disse che anni fa producevano sughero, qui. Una grande quercia aveva un taglio grande e profondo nella corteccia: ho contato sette strati prima del legno. Siamo saliti su una macchina, la più piccola, tra la polvere e l'odore di olio solidificato. Sono riuscito ad accenderla ed è arrivata gente felice ed incredula quasi come se il suono di quel motore non udito da tempo significasse qualcosa per le loro vite. Non ricordo chi eri, questa volta, e c'era il sole.

Adesso

Adesso compari nei miei sogni e sei l'unica forma certa mentre tutto il resto non ha stabilità.
Neanche il giorno si separa dalla notte. Ti sei fermata per cambiarti le scarpe, ed è dove ti ho incontrato. La strada da fare era solo un viottolo nel bastione d'erba, le tue parole mi lasciavano come al solito sospeso o forse stavi in silenzio ed ero io che immaginavo conversazioni mai avvenute. L'edificio in cui siamo entrati era in ombra, una sala d'attesa si sarebbe detto. Qui io ero un vecchio supplice e tu logicamente immutata avevi nello sguardo un diniego dolce. Questo vuoto nel petto si allargava ed era meglio rimanere in silenzio seduto accanto a te piuttosto che rendersi ridicoli. La stanza era circolare, con vetri e alti soffitti. Nessuno ci chiamava.