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Delle conversazioni immaginarie

da Magari in un'ora del pomeriggio, Fara Editore, Rimini, 2011

Delle conversazioni immaginarie
sedimentate al fondo dei ricordi
rimane come un'eco interminabile
di parole che non hai mai scandito
anche in giorni dove la luce è ovunque.
Il sole di concerto con il vento
offre riparo a pensieri insidiosi
soltanto a patto di saper vedere
percorsi di riverberi nei muschi
che affiorano per tratti tra le foglie
di castagno o comprendere le voci
delle fronde che si muovono simili
a strani lamenti artificiali.

Una certa dolorosa chiarezza

da Magari in un'ora del pomeriggio, Fara Editore, Rimini, 2011

Una certa dolorosa chiarezza
del campo visivo restituisce
immagini inopportune all'ambito
delle parole, mentre ti allontani
lasciandomi in pegno frasi complesse
che mi dovrò far bastare per anni.

L'aspetto pomeridiano delle mura
che sostengono i campi in pochi giorni
decanta verso zone consuete:
l'avanzare dei licheni prosegue
inavvertito, cocci di terraglia
affiorano in zolle di terra smossa,
steli d'erba tagliente si confanno
alla spinta del vento.

Il sapore del conforto

da Magari in un'ora del pomeriggio, Fara Editore, Rimini, 2011

Il sapore del conforto ha la forma
di riflessi difficili da cogliere
su scaglie di materia refrattaria
confuse con la ghiaia di fiume
lungo strade che quotidianamente
percorrevi.
Giorni disseminati
sono rimasti appesi alla natura
delle cose, visibili soltanto
per istanti, nel silenzio, seguendo
gli angoli di incidenza della luce.

Una piccola epoca di polvere

Una piccola epoca di polvere
contiene le tue identità dismesse
e vi ritorno a tratti quando l'ombra
del tuo passaggio mitiga la luce
del giorno appena fatto ed il dispiego
dell'impietoso circo dei dettagli.

Canto allora l'aria delle parole
perse dentro ai tuoi pensieri nel breve
arco del nostro allineamento astrale.

Adesso

Adesso compari nei miei sogni e sei l'unica forma certa mentre tutto il resto non ha stabilità.
Neanche il giorno si separa dalla notte. Ti sei fermata per cambiarti le scarpe, ed è dove ti ho incontrato. La strada da fare era solo un viottolo nel bastione d'erba, le tue parole mi lasciavano come al solito sospeso o forse stavi in silenzio ed ero io che immaginavo conversazioni mai avvenute. L'edificio in cui siamo entrati era in ombra, una sala d'attesa si sarebbe detto. Qui io ero un vecchio supplice e tu logicamente immutata avevi nello sguardo un diniego dolce. Questo vuoto nel petto si allargava ed era meglio rimanere in silenzio seduto accanto a te piuttosto che rendersi ridicoli. La stanza era circolare, con vetri e alti soffitti. Nessuno ci chiamava.